
“Enfes bir akşam” (lett. Una magnifica serata)
Old Money (Enfes Bir Akşam), la nuova serie turca di Netflix uscita il 10 ottobre 2025, scritta da Meriç Acemi e diretta da Uluç Bayraktar, prodotta da Timur Savcı e Burak Sağyaşar per TIMS & B Productions, si configura come un’opera che trascende i confini del semplice drama romantico per elevarsi ad autentico manifesto estetico e morale del nostro tempo. La serie vede protagonisti Engin Akyürek nel ruolo di Osman, un magnate self-made, e Aslı Enver come Nihal, una raffinata ereditiera e designer, appartenente all’aristocrazia del vecchio denaro, ambientata nell’élite di Istanbul dove la vita agiata della protagonista viene minacciata dall’arrivo di un tycoon, con un occhio attento al denaro e il cuore refrattario all’amore.
La narrazione si muove in una continua, vertiginosa sospensione tra antico e moderno, in un Oriente raffinato che rispetta tempi, che dilata sensazioni, sguardi, luci e effetti sonori, dove due protagonisti incarnano questa dicotomia con una presenza scenica determinante e appropriata che sfida ogni convenzione: lui rappresenta l’ambizione, la fame, la capacità di reinventarsi; lei la tradizione, l’eleganza, il peso di un nome che vale più di qualsiasi patrimonio.
Questa è una serie che celebra il trionfo della diplomazia interpersonale dal basso, dove ogni dettaglio, ogni tono di voce e ogni accento soffiato fa la differenza, dove la regia di Bayraktar costruisce un universo visivo in cui la luce diventa linguaggio, differenza di potenziale nella recitazione, e il cast che include gli ottimi Dolunay Soysert, İsmail Demirci, Serkan Altunorak, Taro Emir Tekin e Selin Sekerci si muove come in una danza consapevole che ogni gesto è carico di significato. Il trionfo del dettaglio, della movenza, della mimica, dell’accessorio si esprime anche attraverso scenografie che evocano ambienti e personaggi, dalle dimore storiche di Istanbul, affacciata sul Bosforo e progettate dagli architetti armeni Balian, cariche di storia e simbolismo alla modernità scintillante degli uffici dei nuovi ricchi, degli open space, dell’era post industriale. I costumi vestono i protagonisti con una precisione che racconta classi sociali, psicologie, tradimenti e redenzioni attraverso tessuti, colori e tagli sartoriali. Il design scenografico, il colore, la luce contribuiscono a surriscaldare la temperatura di ogni inquadratura, concorrendo a creare un affresco totale in cui forma e contenuto diventano inscindibili.
La scrittura di Meriç Acemi mescola gli stili con una libertà che confonde e seduce, dove il vaudeville, la commedia romantica, la soap opera, il dramma, convivono senza soluzione di continuità. L’eccesso si alterna al rigore formale grazie alla capacità del regista di muovere la macchina da presa, lasciando sempre che i protagonisti siano all’interno del quadro, anche quando non ci sono, come presenze fantasmatiche che continuano a influenzare la narrazione, mentre il montaggio scandisce ritmi differenti per ogni personaggio, creando una polifonia narrativa in cui ognuno ha un suo tema morale – e anche musicale – un ritmo preciso, una velocità, una preziosità estetica che ne rispetta il vissuto pregresso, la solidità, il tormento e l’estasi, la capacità di configurarsi rispetto alla scena.
Ognuno assume un’identità propria, il proprio fascino, come tipi della commedia dell’arte evoluti nel tempo e nello spazio. Tutti si inclinano alla vita come possono o restano ritti su se stessi in apparenza, solo in apparenza, come se Carmelo Bene avesse fatto la regia di un dipinto di El Greco o se Fassbinder avesse fatto le coreografie della Gaynè di Aram Khachatryan.
Tutto ciò è esaltato da una scelta sapientissima dei brani della colonna sonora, sempre evocativi, mai didascalici rispetto alla narrazione fattuale, ma che aprono registri narrativi altri, sempre in grado di far scoprire facce più profonde e complesse dei personaggi, dove la musica diventa un personaggio che commenta, contraddice, amplifica, non accompagna le immagini ma le interroga, le mette in crisi, le rilancia verso significati inaspettati, e ogni brano è scelto per evocare emozioni nascoste, per svelare le contraddizioni interiori.
Old Money è, in definitiva, un atto d’amore per la Polis intesa come spazio di relazione, negoziazione, conflitto e possibile convivenza, una serie tv sorprendente, anche nel finale, che chiede allo spettatore di rallentare, di guardare oltre la superficie, di cogliere i silenzi eloquenti e i gesti trattenuti. Questa un’opera d’arte ci mostra come la serialità televisiva possa ancora essere luogo di bellezza necessaria e di interrogazione profonda sulla nostra capacità di stare insieme, di riconoscerci, di scegliere tra la conservazione e lo spreco di ciò che abbiamo di più prezioso: la nostra umanità condivisa.
Carlo Coppola









