Le parole di Gesù, pronunciate nel momento cruciale della sua arresto, racchiudono un profondo insegnamento sulla nonviolenza e sul perdono. L’espressione “chi di spada ferisce, di spada perisce” è diventata proverbiale, indicando chiaramente che ogni azione violenta porta con sé le sementi della propria distruzione.

Gregoire Guerard, La cattura di Cristo, circa 1512, Museo delle Belle Arti di Digione
Questa affermazione di Gesù non è solo un invito morale, ma riflette una legge universale, presente in ogni cultura e in ogni tempo. La violenza genera violenza, l’odio alimenta l’odio. È un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.
La psicologia ci insegna che la violenza è spesso il frutto di ferite profonde, di paure e di insicurezze. Chi agisce in modo violento cerca, in realtà, di proteggersi, di affermare il proprio potere, di vendicarsi. Tuttavia, questa strategia si rivela fallimentare, poiché non risolve i problemi ma li aggrava.
Gesù ci indica una via alternativa: quella della nonviolenza. Non si tratta di passività o di rassegnazione, ma di una scelta consapevole di non rispondere alla violenza con la violenza. È la via del perdono, dell’amore per i nemici, della costruzione di un mondo più giusto e fraterno.
La nonviolenza è un cammino di crescita spirituale. Richiede un grande coraggio, una profonda fiducia in Dio e nel prossimo. Coltivare la nonviolenza significa lavorare su se stessi, superare le proprie paure, perdonare chi ci ha fatto del male.
“Chi di spada ferisce, di spada perisce” è un invito a riflettere sulla violenza e sulle sue conseguenze. È un invito a scegliere la via dell’amore, della misericordia e del perdono. È un invito a diventare costruttori di pace.
Antonio Calisi