Il gatto, l’animale sacro presso gli antichi Egizi

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È risaputo al giorno d’oggi nella cultura collettiva che i gatti fossero ritenuti sacri e divini nell’antico Egitto, in cui furono addomesticati circa 10000 anni fa.

Racconta lo storico di Alicarnasso Erodoto (V sec. a.C.) nelle sue “Storie”, opera dallo spiccato carattere etnografico, che tutte le famiglie egiziane, indipendentemente dallo status socio-economico, possedevano un gatto in casa e ci informa che, alla morte del gatto, in segno di lutto i componenti della famiglia si radevano le sopracciglia perché

la bellezza aveva abbandonato la casa assieme a lui e, se la morte avesse colto anche un cane, si rasavano persino la testa e il resto del corpo. Spesso il felino svolgeva nelle abitazioni anche un ruolo di guardia.
Grazie ad alcuni scavi archeologici nelle rovine si Bubastisè sono stati rinvenuti un numero consistente di gatti mummificati, ricoperti del tipico bendaggio e disposti con gli arti distesi; dato antropologico interessante, che suggerisce il rapporto della popolazione con l’Aldilà, oltre che la grande considerazione nutrita verso tali animali, è il seguente: essi venivano, difatti, seppelliti con al proprio fianco ciotole per il latte e altri oggetti per la sopravvivenza.
Chiamato col termine onomatopeico che richiama il suo miagolio, Miou o Myeou, la specialità che maggiormente si apprezzava era il gatto nero, poiché legato simbolicamente alla notte misteriosa.
Gli Egizi veneravano Bastet, divinità con corpo di donna e testa di gatta, figlia di Iside e sorella di Horus; ad essa consacravano i bambini, operando un piccolo taglio e mischiando il sangue dell’infante a quello di un felino. Così come i bambini erano soprannominati col nome del felino di casa, ossia “Mitt” dal significato di “gatta”.
Tanto adorati da essere raffigurati in dipinti, sculture ed incisioni, risulta incredibile soprattutto che chi avesse ucciso un gatto, anche accidentalmente, sarebbe stato condannato alla pena capitale e, similmente, in caso di incendio, ci racconta Erodoto, si preoccupavano di metterli in salvo al pari degli umani.
Diodoro Siculo (I sec. a.C.), storico greco antico autore dell’opera monumentale “Bibliotheca historica“, testimonia come durante la sua visita in Egitto, avvenuta tra il 60 e il 56 a.C., una folla adirata chiedesse la messa a morte di un cittadino romano che aveva involontariamente ucciso un micio (“Bibliotheca historica” 1.41, 1.83).

Il fascino esercitato da quest’animale continua a conquistare generazioni di persone, desiderose di condividere la propria quotidianità con un fedele amico a quattro zampe nel tentativo di instaurare un legame che valichi differenze di genere, gusti e, soprattutto, specie.

Maria Elide Lovero

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