Il “frutto proibito”: svelato il mistero della mela dell’Eden

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Accademia – The Temptation of Adam by Jacopo Tintoretto

Da secoli, nell’immaginario collettivo, il “frutto proibito” che causò la cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden è universalmente identificato con una mela. Eppure, la Bibbia non ne fa menzione. Un recente approfondimento linguistico e storico svela finalmente il motivo di questa secolare convinzione, smontando un equivoco nato da un’evoluzione semantica.

Il Libro della Genesi si riferisce esclusivamente a un generico “frutto”. I primi commentatori, sia ebrei che cristiani, avanzarono ipotesi diverse: fichi, uva, melograni o cedri erano i candidati più accreditati a ricoprire il ruolo del frutto della discordia.

La teoria della mela iniziò a farsi strada a partire dal XVII secolo, basandosi su una curiosa omonimia nella lingua latina: il termine “malum” significava sia “male” che “mela”. Poiché il frutto edenico portò la caduta dell’umanità nel male, l’associazione apparve intuitiva.

Tuttavia, la ricerca sulle opere dei principali commentatori latini medievali al libro della Genesi, non ha rivelato alcun riferimento a questo gioco di parole. Anzi, alla fine del XIV secolo, ancora nessun erudito collegava esplicitamente il frutto proibito alla mela, prediligendo invece fichi e uva.

La vera chiave del mistero risiede in una questione più linguistica che storica, legata al termine latino “pomum”. Questa parola era comunemente usata dagli autori latini per indicare genericamente “frutto” o “frutto d’albero”.

Nelle prime traduzioni della Genesi in francese antico, lingua derivata dal latino, il termine “pomum” fu tradotto con “pom”. Sebbene inizialmente “pom” significasse ancora genericamente “frutto”, con il passare del tempo il suo significato si restrinse, arrivando a indicare specificamente la “mela” (oggi “pomme” in francese moderno). Fu così che, attraverso questa evoluzione semantica, la mela si infiltrò nella narrazione di Adamo ed Eva, radicandosi nell’immaginario collettivo come il famigerato frutto proibito.

Dunque, non fu un’intenzione teologica o una rivelazione a legare la mela al peccato originale, ma una semplice, seppur significativa, trasformazione linguistica.

Antonio Calisi

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