Racconti dalla Puglia abbandonata: Masseria Dottula a Bari

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Loggiato sulla facciata principale.

Sembra strano, eppure nel centro cittadino di Bari sorge un’antica masseria settecentesca abbandonata. Si tratta della Masseria Dottula, che da decenni resiste nell’indifferenza di tutti a ridosso del trafficato ponte di Via Solarino, nei pressi di Via delle Murge.

Il vasto edificio attira il passante con la sua nobile facciata, scandita su tre dei quattro lati da un lungo loggiato ad arcate a tutto sesto, che dà alla struttura un aspetto molto elegante, anche se decadente. Originariamente, vi si accedeva direttamente da Via delle Murge, laddove si affacciano due vani aggettanti rispetto alla facciata e due imponenti colonne che, con ogni probabilità, accoglievano il cancello principale; oggi, invece, il prospetto è interamente murato.

Interno del loggiato.

La masseria prende il nome da una delle più importanti famiglie di Bari, i Bianchi Dottula, Marchesi di Montrone: fu un esponente di questo casato, Giordano, a finanziare la costruzione dell’edificio nella prima metà del ‘700.

Originariamente e fino a qualche anno fa, si vedeva in facciata una targa su cui era scritto: “Per divozione di S. Anna – Duca G. Favia Vernazza”. In questo modo, si viene a conoscenza di un passaggio di proprietà, avvenuto dai Dottula a Gaetano Favia Vernazza, Duca di Castri. Probabilmente, il Duca andò a realizzare una cappella gentilizia dedicata a S. Anna all’interno del maniero.

Accedendo all’edificio si notano le condizioni precarie in cui versa: la presenza di indumenti e immondizia suggerirebbe il passaggio di senza fissa dimora che avrebbero occupato la masseria nel corso del tempo.

Porta e finestra del salone.

Gli ambienti sono, in generale, scarsamente illuminati: al piano terra si notano antichi ambienti produttivi, probabilmente frantoi, che lasciano intravedere alcune aree seminterrate, probabilmente un ipogeo come quelli di cui abbiamo parlato in un precedente articolo.

In ogni caso, gli ambienti appaiono falsati nell’aspetto dalla presenza di opere in cemento armato, che indicano la messa in opera di lavori per il recupero dell’edificio. Lavori che non si sono mai conclusi e che non hanno evitato che un’ala del loggiato crollasse. Il resto della loggia, invece, è interamente puntellato per prevenirne il cedimento.

Le sale del primo piano, invece, sono ben più ampie di quelle inferiori e, originariamente, dovevano essere adibite ad ambienti di rappresentanza. Ad esempio, un vasto salone centrale che attraversa l’edificio da un lato all’altro, è arricchito da finestroni con architrave arrotondato. Con ogni probabilità, la masseria doveva presentare una qualche forma di decorazione che è andata perduta.

Area crollata.

Sappiamo che fino almeno agli Anni ’70, la masseria era abitata da alcuni condomini in fitto. Pare che uno di loro raccontasse di come in precedenza la struttura fosse passata ad alcune monache che si fossero rese autrici di un fatto di sangue. Ma di ciò non c’è alcuna prova e, probabilmente, la storia serviva ad allontanare i bambini dai sotterranei dell’edificio, dove si producevano attrezzi per la molitura delle olive.

Ad oggi, comunque, la situazione per l’edificio non è affatto rosea, e per la possibilità seria di crolli sconsigliamo vivamente di entrare.

Giuseppe Mennea

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