L’Istituto Vittorio Emanuele II e la storia dei Reali Ospizi

Le vicende storiche relative agli antichi ospizi in Terra di Bari

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È il più grande edificio di Giovinazzo e, con la sua secolare storia, continua, nonostante la fragilità e l’abbandono, ad imporsi agli occhi di chi si affaccia su Piazza Vittorio Emanuele II, abbracciando la facciata della Chiesa di San Domenico. Stiamo parlando, ovviamente, dell’Istituto, già convento domenicano, che sembra condividere una storia analoga a quella di numerosi altri edifici sparsi nel territorio dell’ex Regno di Napoli, un tempo adibiti a Ospizi o Orfanotrofi e oggi completamente abbandonati. In questo articolo analizzeremo alcuni esempi.

Nel corso dell’Ottocento, per trovare una funzione alle numerose strutture ed ex monasteri che erano stati espropriati dai Francesi durante l’epoca Napoleonica e per ovviare al problema dell’accattonaggio, i sovrani della dinastia borbonica intrapresero un’opera di welfare ante-litteram, realizzando i cosiddetti Reali Alberghi o Ospizi in cui ai poveri e agli orfani era garantito un posto letto, un pasto e un’educazione, in modo da poterli reinserire nella società.

Il modello era quello del Real Albergo dei Poveri di Napoli, realizzato dall’architetto Ferdinando Fuga su ordine di re Carlo III circa un cinquantennio prima, nel 1749. L’enorme edificio, che rappresenta la più grande struttura europea risalente al Settecento e ancora esistente, finì per accogliere la maggior parte dei mendicanti della città partenopea, con ampie camerate e scuole professionali. Nonostante la buona idea, il Real Albergo finì per divenire un luogo del tutto asfissiante, dove si vennero a creare logiche ed equilibri che lo stesso progetto voleva eliminare, tanto da divenir noto ai napoletani come “serraglio”, cioè gabbia, carcere. Anche il Real Albergo di Napoli finì per essere parzialmente abbandonato, perdipiù occupato dagli sfollati del terremoto del 1980. Oggi è al centro di un importante progetto di restauro da eseguirsi son le risorse PNRR.

Quindi, sulla base dell’esperienza napoletana, l’erede al trono di Napoli Ferdinando IV, poi Ferdinando I delle Due Sicilie, fece realizzare nel 1809 il Real Ospizio suo omonimo a Giovinazzo, nell’ex convento dei Padri Domenicani. Tale struttura, che poi mantenne la sua funzione in epoca post-unitaria col nome di Istituto Vittorio Emanuele II, garantiva un futuro a tutti quei ragazzi che per origine o mancanza di denaro non potevano essere mantenuti dalle rispettive famiglie. Fu qui che si formarono anche molti personaggi illustri, come il celebre pittore Gioacchino Toma, che presso l’Istituto poterono specializzarsi nelle arti pittoriche, scultoree e di falegnameria.

Il corrispettivo femminile del nostro Istituto sorse a Bitonto, col nome di Reale Orfanotrofio, poi Istituto femminile Maria Cristina di Savoia. Esso sorge nei pressi del Ponte della Pescara del Carmine, nei pressi della strada per Palo del Colle, a ridosso del tracciato di Lama Balice. Venne realizzato solo nel 1852, su progetto dell’architetto Castellucci, che riorganizzò gli ambienti di un vecchio convento del 1489 di pertinenza dei Padri Carmelitani.

Da alcuni decenni, ormai, l’Istituto vive una fase di declino: il vasto edificio, che ben si presterebbe alle più varie funzioni culturali, giace quasi completamente abbandonato, ad eccezione di una piccola parte sfruttata per mostre temporanee. E ahimè non è estraneo a crolli, segno che un altro simbolo della storia cittadina rischia di sparire definitivamente.

Giuseppe Mennea

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