Il Centro Direzionale di Napoli: il primo agglomerato di grattacieli d’Italia

Storia di un quartiere poco noto del capoluogo partenopeo

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La città di Napoli è stata da sempre caratterizzata da un’eccessiva densità abitativa. In spazi eccessivamente ristretti si sono affollate decine di migliaia di persone, e spesso tale situazione ha avuto effetti negativi, come l’epidemia di colera del 1884 che portò al cosiddetto “risanamento”, leggasi sventramento di alcuni quartieri storici della città con conseguente realizzazione di luoghi iconici come il rettifilo e la Galleria Umberto I. Un problema molto meno grave, ovvero il traffico urbano, portò a partire dagli anni ’80 alla realizzazione del Centro Direzionale nell’area di Poggioreale, il primo agglomerato di grattacieli d’Italia. Analizzeremo in questa sede la storia di tale complesso.

L’idea di costruire un nuovo quartiere da destinare essenzialmente a uffici e con la finalità di decongestionare il traffico dal centro cittadino risale addirittura al 1971, quando nel piano regolatore generale venne inserito un primo progetto redatto dall’architetto Luigi Piccinato. La collocazione del quartiere era strategica, posto a ridosso della stazione centrale, e sarebbe andato a riqualificare un’ampia area industriale dismessa. L’originale progetto venne poi implementato dal professore di architettura Giulio De Luca, che suddivise l’area, di complessivi 1.000.000.000 di metri quadri, in 18 isole edificatorie.

A seguito del pesante terremoto del 1980, furono assegnate alcune verifiche progettuali all’architetto giapponese di fama internazionale Kenzo Tange; la scelta ricadde su questa “archi-star” per porre fine alla litigiosità degli architetti partenopei in merito alla costruzione del centro. Il progetto di Kenzo Tange venne definitivamente approvato nel 1984. L’idea era molto ingegnosa e avveniristica: applicando i principi teorizzati da Le Corbusier, si prevedeva di realizzare assi viari e parcheggi esclusivamente sottoterra, mentre l’area superficiale sarebbe stata occupata interamente da aree pedonali.

Vennero quindi realizzati gli edifici, con altezza variabile tra i 20-22 metri per le abitazioni, 50-70 metri per gli uffici, 90-100 metri per gli ambienti dirigenziali. La torre Telecom qui costruita, con la sua altezza di 129 metri, rappresentò il più alto edificio d’Italia dal 1995 al 2010 (attualmente è nono). L’agglomerato di grattacieli, con le sue forme contemporanee, sembra quasi un mondo a parte rispetto alle forme e architetture storiche del centro storico.

Il quartiere si sviluppa attorno a un ampio asse viario, attorno al quale si aprono una serie di piazze dalle forme più disparate. Gli edifici che sorgono ai due lati della strada principale sono essenzialmente simmetrici: in particolare, le due torri dell’Enel, per la loro somiglianza, vengono spesso chiamate “Torri gemelle” di Napoli.

Nei sotterranei, accanto alle strade attraversate dai veicoli, venne realizzata una stazione della Circumvesuviana, mentre è di prossima apertura la fermata “Centro Direzionale” della metro 1, progettata da Benedetta Tagliabue e realizzata interamente in legno. Accanto ai principali edifici del settore terziario, sorge anche il tribunale di Napoli, in prossimità del vicino Carcere di Poggioreale, e la chiesa di San Carlo Borromeo, con l’iconica pianta triangolare.

Nonostante l’importanza architettonica del complesso, e nonostante rappresenti un esempio di assoluto rilievo per l’architettura contemporanea, il centro direzionale appare nei fatti molto degradato, a causa del problema atavico della mancanza di manutenzione. Inoltre, al termine della giornata lavorativa, il quartiere si spopola, e i tanti dipendenti lasciano il posto ai tanti disagiati che occupano le strade del quartiere.

Un parziale rilancio della zona è avvenuta con la realizzazione di un vasto murales da parte del napoletano Jorit, mentre l’amministrazione comunale punta tutto sull’inaugurazione della stazione della metropolitana, progettata e pensata per essere un luogo di ritrovo per giovani e persone in generale.

Giuseppe Mennea

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