Buddhismo greco

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Non molti conoscono una delle più interessanti contaminazioni artistiche di tutta la storia: il buddhismo greco.

Tutto ebbe inizio con la conquista di Alessandro Magno dell’Asia, e in particolare dei territori della Battriana e del subcontinente indiano, corrispondenti, oggi, all’Afghanistan, India e Pakistan. Alessandro nella spedizione portò con sé diversi storici, geografi e filosofi, con il compito di apprendere e descrivere le culture dei luoghi che conquistava e creare in tal modo un regno basato sul sincretismo religioso-culturale.

Tra questi vi era Pirrone, il quale, una volta tornato in patria, fondò il pirronismo, corrente filosofica alla base dello scetticismo, che aveva come obiettivo il perseguimento della eudaimonia, letteralmente la buona riuscita del proprio demone, ossia la felicità.

Altro punto di contatto tra le due culture fu senza dubbio l’arte scultorea. Sino a quei tempi, infatti, il Buddha era raffigurato secondo i principi dell’aniconismo, cioè solo tramite simboli riconoscibili (l’albero della Bodhi, un trono vuoto, l’impronta del Buddha e il dharmacackra), senza mai riprodurre la sua persona; con l’arrivo degli artisti greci, però, le cose cambiarono del tutto. Il Buddha cominciava ad essere rappresentato nella sua interezza: i capelli, ad esempio, erano formati da riccioli che cadevano sul lato destro del viso, gli occhi erano socchiusi ad indicare calma e desiderio di meditazione, il volto completamente rilassato.

Questa grande innovazione stilistica nell’arte buddhista permise alla filosofia orientale di aumentare il numero dei fedeli e di diffondersi maggiormente.

Simone Lucarelli

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