La Chiesa di Ognissanti di Cuti, antico edificio di Valenzano

Ultima struttura di un'importante abbazia dell'XI secolo

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Di sicuro non passa inosservata: con le sue facciate semplici in pietra, le piccole finestre, le absidi e le tre cupole allineate svetta sulle campagne circostanti, catturando lo sguardo del visitatore. Stiamo parlando della Chiesa di Ognissanti di Cuti a Valenzano, ultimo edificio rimanente di un antico centro monastico dell’XI secolo oggi sparito.

L’antica abbazia sorse su un luogo precedentemente occupato da un tempio pagano o una chiesa e fu costruita tra il 1061 e il 1078 dall’abate Eustasio. Tanto crebbe il centro per importanza religiosa ed economica, anche considerando i vasti terreni e vigneti di pertinenza del complesso, che lo stesso Eustasio fu nominato successore dell’abate Elia come rettore della basilica di San Nicola a Bari.

Ciò nonostante, negli anni seguenti la rivalità con la curia di Bari fu tale da richiedere l’intervento del papa: Bonifacio VIII emanò quindi una bolla con cui stabiliva l’annessione di Cuti alle pertinenze basilica barese. Questo passaggio di proprietà, però, anziché affossare il monastero, ne segnò una nuova fase di splendore: fu infatti istituita una fiera in loco cui partecipavano mercanti provenienti dal Salento, dalla Basilicata e dal foggiano. Nuovi conflitti sorsero quindi tra la basilica nicolaiana e l’amministrazione di Valenzano, che non poteva godere dei ricavi della fiera non essendo proprietaria dell’abbazia.

Una lunga e irreversibile decadenza iniziò nei secoli successivi, decretando la fine del cenobio della chiesa nel XVI secolo. Gli altri edifici che, insieme alla chiesa, costituivano il centro monastico furono abbattuti e il materiale fu utilizzato per la costruzione del santuario della Madonna del Pozzo; la stessa fiera fu definitivamente spostata a Valenzano durante l’Ottocento.

La chiesa, dopo un lungo abbandono, è stata recuperata, anche se attualmente è chiusa al pubblico per problemi legati alla staticità dell’edificio.

L’importanza dell’edificio sta nel fatto di essere uno dei pochi esempi di architettura romanica non interessati da rifacimenti in epoche successive. La chiesa presenta tre navate, ognuna delle quali presenta un ingresso e un’abside. Le navate laterali si addossano a quella centrale, di dimensioni maggiori e decorata dalle caratteristiche tre cupole in asse con copertura a chiancarelle. In facciata è presente un portico incompleto, probabilmente interessato anch’esso dalle demolizioni.

Queste eliminarono l’edificio del monastero, che si articolava su due ampi chiostri, un altro edificio con funzioni, probabilmente, di deposito, e altri elementi tipici dell’economia agricola, come un pozzo e un palmento. La struttura era poi arricchita da due campanili e protetta da un possente muro di cinta. Di tutti questi antiche strutture più nulla rimane, essendo stato il materiale reimpiegato, come detto, per la costruzione della Reale Basilica Pontificia Minore della Madonna del Pozzo e il vicino convento che sorgono a Capurso.

Giuseppe Mennea

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