L’architettura Liberty a Bari; il caso di Palazzo Dioguardi

Breve analisi delle tendenze architettoniche di inizio '900 nel capoluogo pugliese

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L’Art Nouveau, conosciuta in Italia anche come Liberty o stile floreale, fu una corrente artistica sviluppatasi e diffusasi in Europa a ridosso tra ‘800 e ‘900, collocandosi tra il revival gotico e il movimento moderno. Nasce come forte contestazione degli schemi artistici comuni che erano, all’epoca, pedissequamente riproposti senza una minima forma di innovazione. Il Liberty, al contrario, non guarda più a modelli stantii, bensì direttamente alla natura, adottando motivi vegetali e floreali e prediligendo un certo dinamismo delle forme.

Anche se generalmente il Liberty è cronologicamente collocato nel decennio 1893-1903, a Bari arriva in forte ritardo, collocandosi nel periodo compreso tra il 1910 e il 1927; ciò nonostante, tale corrente ebbe sulla città un effetto assolutamente non ininfluente, basti pensare che lo stesso nome del quartiere Libertà deriva dall’omonimo movimento artistico. Era, quello, un periodo di grande fermento per il capoluogo pugliese, in quanto il forte sviluppo economico aveva da un lato attirato grandi masse di cittadini dalla provincia che necessitavano di abitazioni, dall’altro aveva consolidato la posizione dei grandi imprenditori che proprio tramite i loro palazzi facevano sfoggio del loro potere. Le principali aree di intervento edilizio furono, in un primo momento, il triangolo posizionato oltre corso Cavour e la zona del Libertà; solo successivamente si intervenne nel Murattiano e comunque in singoli progetti di rifacimento o sopraelevazione.

Senza prendere in considerazione gli esempi più famosi presenti in pieno centro (Teatro Margherita, Kursaal Santalucia, Palazzo Atti), il massimo livello raggiunto dal Liberty barese è rappresentato da Palazzo Dioguardi, ubicato in Via Crisanzio 97, nel rione Libertà. L’edificio fu progettato e realizzato tra il 1913 e 14 dal celebre architetto originario di Rutigliano Saverio Dioguardi, una figura che si rivelò di straordinaria importanza per lo sviluppo artistico e architettonico del capoluogo per buona parte del secolo scorso. Il Dioguardi, appartenente a un’importante ditta di costruzioni che era stata del padre e del nonno, si formò da autodidatta tramite l’osservazione diretta dei monumenti in soggiorni successivi a Roma e Milano; tornato a Bari, ben seppe inserirsi nel clima di rinnovamento che stava allora caratterizzando il capoluogo, superando e vincendo un clima essenzialmente provinciale e chiuso all’innovazione stilistica. Elemento del temperamento del Dioguardi che lo caratterizzò per tutta la vita, consentendogli di innovarsi continuamente e di avere un peso non indifferente nella storia della città di Bari (del Dioguardi sono i progetti del demolito Palazzo della Gazzetta, del Palazzo degli impiegati statali nei pressi del Petruzzelli, del Palazzo della Provincia, della Chiesa di San Ferdinando su Via Sparano, …).

Andiamo ad analizzare l’edificio. Esso si compone di quattro piani fuori terra, e la sua posizione ad angolo, ha fatto propendere per una soluzione con angolo smussato e un lungo balcone al primo piano sorretto da mensole decorate da teste femminili. Le finestre del piano terra risultano bipartite, mentre il portone d’accesso, posto nella facciata principale di Via Crisanzio, presenta una caratteristica soluzione a cerchio tripartito, con una testa di leone posta in corrispondenza della chiave di volta. La facciata è scandita da paraste che terminano con arcate all’ultimo piano. Sulla facciata laterale sono poi presenti dei bei balconi in cemento, che testimoniano l’assoluta capacità dell’architetto di adattarsi all’uso di materiali poveri senza venir meno ai suoi canoni estetici. La facciata si conclude con un aggettante cornicione smussato nell’angolo.

Giuseppe Mennea

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