Il 24 luglio, nella Chiesa di San Ferdinando a Napoli, durante la celebrazione liturgica in onore di San Charbel Makhluf, si è verificato un episodio che molti fedeli hanno percepito come straordinario e che oggi è al centro di grande attenzione.
La messa, presieduta dal parroco mons. Pasquale Silvestri, ha visto la partecipazione di oltre cinquecento persone, tra cui numerosi malati provenienti non solo da Napoli, ma anche da altre zone della Campania e da fuori regione. Al termine della celebrazione, il sacerdote ha dato inizio al rito dell’unzione con un olio benedetto inviato dalla Curia Maronita di Roma. L’olio, che inizialmente sembrava destinato a non bastare per tutti, si è rivelato sufficiente e, una volta riposta, la bottiglia sarebbe stata ritrovata nuovamente colma.
Il parroco ha raccontato l’accaduto in una lettera indirizzata a padre Elias Hammoury, già postulatore della causa di canonizzazione di San Charbel: «Alla fine, ho chiuso la bottiglia e l’ho messa in cassaforte, ma più tardi ho scoperto che si era riempita di nuovo. Non potevo credere ai miei occhi».
Nei giorni successivi, l’episodio ha suscitato ulteriore interesse. Alcuni pellegrini libanesi, in visita alla chiesa, hanno dichiarato di aver riconosciuto nell’olio il profumo caratteristico del cedro del Libano, particolare che ha aggiunto ulteriore suggestione alla vicenda. Parallelamente, sono giunte anche testimonianze di presunte guarigioni. Una giovane donna, che aveva partecipato alla celebrazione, ha riferito che gli accertamenti clinici effettuati dopo la Messa non rilevavano più tracce della grave malattia che le era stata diagnosticata in precedenza.
Mons. Silvestri, noto per la sua precisione e rigore — qualità che lo accompagnano anche nel suo ruolo di giudice presso il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Partenopeo — ha scelto di raccogliere in forma scritta tutte le testimonianze che gli vengono segnalate. Nel frattempo, le autorità ecclesiastiche hanno avviato l’iter di verifica, che prevede l’analisi dei fenomeni attraverso indagini mediche e approfondimenti di carattere teologico. Va ricordato che l’olio di San Charbel è un olio benedetto proveniente dal Libano a base di olio d’oliva, contenente gocce del liquido trasudato dal corpo del santo. Viene benedetto dai monaci maroniti presso il suo sepolcro, ciò rende un oggetto sacro per i fedeli. Per utilizzarlo in tal senso, come sacramentale, si può ungere la parte del corpo, in special modo se malata, accendere candele con esso o semplicemente tenerlo come oggetto di devozione, accompagnando queste pratiche a una vita di grazia e preghiera.
La chiesa di San Ferdinando è così diventata in breve tempo meta di un crescente afflusso di fedeli, non solo napoletani ma anche provenienti da Puglia e Calabria. L’episodio si colloca inoltre in un clima di rinnovata attenzione ai segni religiosi in città, dopo il recente scioglimento del sangue di Santa Patrizia e quello di San Gennaro, alla presenza anche dei cardinali Battaglia e Parolin, eventi che hanno alimentato la devozione popolare.
Per la comunità, quanto accaduto il 24 luglio rappresenta non soltanto un fatto insolito, ma anche un momento di intensa partecipazione spirituale, che ha rafforzato il legame dei fedeli con San Charbel, figura capace di richiamare devozione ben oltre i confini del Libano.
Carlo Coppola









