L’Iliade e l’amore che va oltre la guerra: un’analisi del momento più toccante dell’èpos

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Giovanni Battista Cipriani, Achilles Besought by Priam for the Body of His Son Hector, 1776 ca., Philadelphia Museum of Art, Philadelphia

L’Iliade, uno dei pilastri della letteratura occidentale, è spesso associata a battaglie epiche, eroi immortali e gesta valorose. Tuttavia, nascosta tra le pagine di questo antico poema, si cela una delle scene d’amore più intense e commoventi mai scritte: l’incontro tra Priamo, re di Troia, e Achille, il più grande guerriero greco.

Dopo la tragica morte di Ettore, figlio di Priamo, il re di Troia decide di compiere un gesto disperato: si reca nell’accampamento greco per implorare Achille di restituirgli il corpo del figlio. In una scena che ha commosso generazioni di lettori, Priamo si inginocchia davanti all’assassino di suo figlio, baciandogli le mani.

Questo gesto, apparentemente contraddittorio, rivela una profondità emotiva inaspettata. Priamo, un re potente e fiero, si umilia di fronte al suo nemico, dimostrando un amore paterno così intenso da superare ogni rancore e ogni senso di orgoglio.

L’incontro tra Priamo e Achille è un momento di svolta nell’Iliade. Le parole di Priamo, cariche di dolore e di umanità, riescono a smuovere l’animo di Achille, un guerriero finora impenetrabile. I due uomini, così diversi e così profondamente segnati dalla guerra, si ritrovano uniti dal dolore e dalla comune umanità.

Attraverso questa scena, Omero ci trasmette un messaggio potente e universale: l’amore è la forza più grande che esista. È in grado di superare ogni ostacolo, di sanare le ferite più profonde e di unire anche i nemici più acerrimi.

La storia di Priamo e Achille, pur essendo ambientata in un’epoca lontana, conserva una straordinaria attualità. In un mondo spesso segnato da conflitti e divisioni, l’esempio di questi due personaggi ci ricorda che la comprensione reciproca, l’empatia e il dialogo sono gli unici strumenti in grado di costruire un futuro migliore.

Antonio Calisi

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