Il funerale nell’antica Roma

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Nella Roma antica seppellire in maniera decorosa i morti era considerato fondamentale, giacché il destino dello spirito del defunto si ripercuoteva sui cari: se una persona non veniva sepolta o le esequie non venivano celebrate secondo specifici rituali, si credeva che lo scomparso non avrebbe trovato pace, continuando a vagare nel regno dei vivi e seminando angoscia. Nel corso della celebrazione, i parenti avevano il dovere di esaltarne le virtù civiche al fine di conferire lustro all’intera familia e gensIl rito funebre prevedeva quattro momenti fondamentali, quali l’esposizione pubblica del cadavere, il corteo, l’elogio funebre e la cerimonia del rogo.

A seguito del decesso, infatti, si svolgeva il rito dell’ultimo saluto: un familiare coglieva l’ultimo respiro del moribondo con un bacio e gli chiudeva gli occhi, mentre pronunciava tre volte il suo nome. All’epoca esistevano persino delle vere e proprie pompe funebri, i cui addetti erano noti comunemente come “Libitinarii“. Quindi il corpo veniva lavato e profumato con unguenti e nella bocca del morto era posta una moneta, detta obolus Charontis, necessaria nell’immaginario antico per pagare a Caronte il passaggio dell’Ade.
La processione era spesso preceduta da mimi, flautisti, danzatori e donne che piangevano, le quali esprimevano il cordoglio della famiglia. Davanti al feretro, inoltre, si disponeva un gruppo di uomini in rappresentazione degli antenati, tanto che indossavano delle maschere, calchi dei loro visi. Seguiva la bara, circondati da fasci, e vestiti di nero marciavano i cari in lutto, accompagnati dai portatori di cartelli, sui quali erano scritti i fatti illustri della vita del defunto. La processione percorreva tutta la città, arrestandosi nel Foro in cui era recitato l’elogio funebre, commemorazione pronunciata dal figlio, finalizzata alla mozione degli affetti dei partecipanti.  Polibio, nel libro VI delle “Storie”, ai paragrafi 53-54, narra: “Quando si celebra in Roma il funerale di un cittadino illustre, questi è portato con ogni pompa nel foro, presso i rostri, per lo più in piedi, raramente supino. Alla presenza di tutto il popolo un suo figlio maggiorenne, se esiste e si trova in città, o altrimenti il suo parente più prossimo, sale sulla tribuna e parla del valore del morto e delle imprese che egli ha compiuto durante la vita. Così tutto il popolo ricorda e quasi ha sott’occhio le sue gesta.”
Infine il cadavere doveva essere bruciato sul rogo, assieme al feretro, riempito di oggetti significativi per il defunto, e ad esso dava fuoco un parente stretto; sulle ceneri ardenti si gettava del vino prima di collocarle in un’urna. La sepoltura dell’urna era succeduta da un banchetto, il Silicernium, a cui potevano prendere parte tutti i partecipanti del corteo. Al ritorno a casa i parenti riponevano la maschera del defunto, presa con un calco in gesso al momento della morte, vicino a quella degli antenati. Ai meno abbienti il funerale veniva organizzato dallo stato e prevedeva uno svolgimento notturno e alquanto rapido.
Maria Elide Lovero
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