10 novembre 1938: è davvero felice chi può dire “Io sono turco”?

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Alle 09:05 della mattina di ogni 10 novembre di ogni anno la Turchia si ferma per ricordare Mustafa Kemal Atatürk nell’ora esatta del suo decesso avvenuto in questo giorno del 1938 a causa di una cirrosi epatica. In tutto il Paese suona una sirena e per un minuto regna il silenzio come segno di raccoglimento, tutti smettono di fare ciò che stavano facendo, le persone, il traffico per strada. Atatürk, letteralmente “padre dei turchi”, è stato certamente il padre della nazione moderna. Basti pensare al fatto che è stato lui a introdurre l’uso dei cognomi in Turchia, decidendo che il suo, Atatürk appunto, non potesse essere utilizzato mai da nessun altro, neppure dai suoi figli adottivi. Con questa legge sul cognome del 1934 molti turchi si sono ritrovati a scegliere il proprio cognome a tavolino. Ma non solo. A lui si deve la “rivoluzione della lingua”, ovvero l’adozione dell’alfabeto latino per la lingua turca anziché quello arabo com’era fino al 1928. 

Tutto questo renderebbe legittimo il motto della Turchia “Ne mutlu Türküm diyene”, cioè “Beato chi può dire “Io sono turco”. Tuttavia, non è tutto oro ciò che luccica. Questa tradizione ha diversi lati oscuri. A partire dalle minoranze etniche e religiose, come curdi e armeni o musulmani che sono stati oppressi quando Mustafa Kemal era al potere in nome della legge sui “crimini contro Atatürk”.

Sofia Fasano

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