Dalla Puglia a Los Angeles e ritorno, lo strano caso dei marmi di Ascoli Satriano

La strana vicenda che lega il piccolo centro della Daunia a uno dei più importanti musei del mondo

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Qual è il legame che intercorre tra il J. P. Getty Museum di Malibu, contea di Los Angeles, e Ascoli Satriano, piccolo centro della Daunia, provincia di Foggia? Proviamo a scoprirlo analizzando gli sviluppi di una delle vicende più singolari legate al patrimonio storico e artistico della nostra regione.

La vicenda inizia negli anni Settanta, quando ad Ascoli Satriano, in località Giarnera Piccola, Savino Berardi, scavatore clandestino di Stornarella, centro dei Cinque Reali Siti, si imbatte in un tumulo del diametro di circa trenta metri, antica tomba dell’area risalente all’incirca al IV secolo a.C. Calandosi con una corda, anche con una certa incoscienza, non essendo stata messa in sicurezza la struttura, raggiunge l’ampia camera che costituiva il sepolcreto: in questa e in successive incursioni riesce a recuperare una serie di reperti di pregevole fattura, facenti parte di un unico ricchissimo corredo funerario, realizzati in marmo di Aphrodisias di Caria, nell’attuale Turchia. Tra i pezzi più interessanti spiccano il trapezophoros e il podanipter: il primo, un sostegno per mensa, raffigura due grifoni con le ali spiegate nell’atto di divorare una cerva; il secondo è il bacino di una vasca rituale. Entrambi i reperti sono finemente dipinti, in particolare nel fondo del podanipter è raffigurata la scena del trasporto delle armi di Achille forgiate da Efesto.

Il Berardi, intuendo la possibilità di fare un mucchio di soldi, si mette subito in contatto con il commerciante d’arte Giacomo Medici. Questi era titolare di una società, la Edition Service, che disponeva di un caveau presso il porto franco di Ginevra, città abitualmente al centro delle tratte illegali di opere d’arte. Giacomo Medici possedeva una serie di importanti contatti anche oltreoceano, tra i quali Robert Emanuel Hecht, resosi autore della vendita del cratere di Eufronio al Metropolitan Museum. Questi, a sua volta, aveva delle conoscenze influenti all’interno del Getty Museum, tra le quali l’allora curatrice Marion True. È con questa rete di conoscenze e contatti che i reperti spiccarono il volo per Los Angeles. Il Getty Museum sborsò 5 milioni e mezzo di dollari per il trapezophoros, altri due per il podanipter.

Parecchi anni dopo, il Berardi, col rimorso per il terribile atto di cui era complice, arrestato e processato a S.M. di Capua Vetere nell’ambito dell’operazione “Gerione”, si mise in contatto col maresciallo Roberto Lai, confidandogli il luogo del ritrovamento e i vari reperti venuti contestualmente alla luce nello “scavo”. Altri reperti della stessa tomba, che il Berardi aveva tenuto per sé, erano stati sequestrati dalla Guardia di Finanza ed erano conservati a Foggia. Analizzando tali reperti fu anche possibile individuare una correlazione certa con quelli esposti a Los Angeles. Ma fu grazie alle perquisizioni effettuate a Ginevra dal nucleo TPC sotto la guida del Magistrato Paolo Giorgio Ferri che si poté risalire alla rete che aveva permesso l’arrivo dei reperti oltreoceano.

Fortunatamente, questa storia ha un lieto fine: dopo una lunga trattativa, i reperti sono stati restituiti all’Italia nel 2007 e sono ora esposti presso il Polo Museale di Ascoli Satriano, laddove tanti anni prima erano stati rinvenuti. Nell’agosto 2021, inoltre, nell’ambito degli scavi archeologici che hanno interessato la località Giarnera Piccola, è venuto alla luce quello che molto probabilmente doveva essere il sito individuato dal Berardi, contestualmente ad altre tracce di reperti marmorei assimilabili a quelli noti. Il tutto, quindi, contestualizzato all’interno dei percorsi di visita possibili all’interno della cittadina (Parco dei Dauni, Villa di Faragola, Polo museale).

Giuseppe Mennea

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