Racconti dalla Puglia abbandonata – (C’erano una volta) le Acciaierie e Ferriere Pugliesi

Era impossibile non notare, giungendo a Giovinazzo, quei grandi e vetusti capannoni industriali che da anni giacevano dismessi, a ridosso delle case da un lato e di lama castello dall’altro.

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Era impossibile non notare, giungendo a Giovinazzo, quei grandi e vetusti capannoni industriali che da anni giacevano dismessi, a ridosso delle case da un lato e di lama castello dall’altro. Quei capannoni che, come un gigante addormentato, sembravano vegliare sulla cittadina ricordandone il passato industriale, collidendo col presente di area inquinata e degradata alle porte della città. Così immensi ma, allo stesso tempo, così spettrali.

Ci fu un tempo in cui tra quei capannoni erano occupati centinaia di giovinazzesi, un tempo in cui la fabbrica valse al nostro comune parecchi premi istituiti all’interno del più ampio percorso di sviluppo del Mezzogiorno. Un tempo in cui anche Giovinazzo poteva vantare iniziative economiche private degne di questo nome.

L’avventura delle Acciaierie e Ferriere Pugliesi nasce tra il 1923 e il 1924 ad opera di tre soci, dei quali furono rilevate le quote nel decennio successivo dalla famiglia Scianatico. Già negli anni ’30 si assistette a un ampliamento del nascente stabilimento, che si risolse nell’apertura di una seconda sede nel capoluogo pugliese a ridosso di via Napoli. Lo stabilimento originario constava di un’acciaieria, una fonderia, un laminatoio, un’officina meccanica, un reparto di carpenteria e uno per la fabbricazione di attrezzi agricoli, occupava circa 350 operai e destinava la produzione al mercato locale.

La fabbrica fu occupata durante la Seconda Guerra Mondiale dagli Inglesi che, ovviamente, alterarono la produzione originaria per favorirne lo sfruttamento ai fini bellici, andando a produrre armamenti fino al termine del conflitto.

È con il boom economico degli Anni ’60 che la fabbrica visse il periodo di massimo splendore, sotto la direzione dell’ingegnere Michele Scianatico: la produzione toccò all’inizio degli anni ’70 le 150.000 tonnellate annue di acciaio e le 15.000 tonnellate annue di ghisa, occupando all’incirca 1200 operai. La produzione vinse anche il vincolo del mercato locale, per coprire lo scenario globale; particolarmente apprezzati erano i tubi senza saldatura.

Parallelamente alla vita dello stabilimento, furono prese numerose iniziative anche per le famiglie degli operai, che coincisero con la creazione di un doposcuola nella Villa Spada, oggi meglio conosciuta come Parco Scianatico, e il potenziamento di una serie di attività ricreative che diedero impulso anche allo sport, si pensi all’hockey su pista.

Alla fine degli anni ’70, però, il tracollo, segnato dalla crisi siderurgica e dai forti debiti contratti dall’azienda. Non trascurabile fu poi il fattore politico e speculativo operato dalla concorrenza. Nel 1988 il definitivo stop all’attività produttiva. Giovinazzo fu, in questo modo, privata di quella che era, assieme all’agricoltura, la colonna portante della sua economia.

Dopo un trentennio di abbandono, di quei capannoni rimane ora ben poco, a seguito delle recenti operazioni di demolizione e riqualificazione dell’area. Con l’auspicio che il ricordo di ciò che furono le AFP non si sbiadisca: esso rimanga ben saldo nella memoria dei giovinazzesi, favorendo una vera rinascita economica della cittadina pugliese.

Giuseppe Mennea

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