Come avvenne la nascita di Gesù: la mangiatoia

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“Troverete il bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia ” (Luca 2, 12)

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In questo versetto c’è il segno che l’angelo dà ai pastori affinché possano riconoscere il bambino. Tuttavia è importante notare una discrepanza tra il versetto 12 e 16 nel racconto del Vangelo di Luca: nel versetto 12 l’angelo specifica ai pastori il segno, dicendo: « Troverete un Bambino, avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia», successivamente al versetto 16, quando i pastori si recano per verificare il segno loro offerto, Luca scrive che essi «trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino, che giaceva nella mangiatoia».

Laddove nel versetto 12, il segno annunciato si compone di tre elementi: il Bambino, le fasce e la mangiatoia, al versetto 16, invece, la verifica del segno menziona solo il Bambino e la mangiatoia dove le fasce non sono più ricordate e al loro posto Luca introduce le figure di Maria e Giuseppe. È forse casuale questa sostituzione? Un neonato avvolto in fasce denota che non è un trovatello, non è un abbandonato ma è l’espressione vivida delle sollecitudini a lui prestate dalle persone più care, prima fra tutte la mamma. Questa, dunque, potrebbe essere la plausibile ragione per cui  al versetto 16 al posto delle «fasce», annunciate al versetto 12, subentrano i nomi di «Maria e Giuseppe».

Nondimeno, mentre trovare un neonato avvolto in fasce non sarebbe stato inconsueto, trovarlo disteso in una mangiatoia sarebbe stato molto insolito. Quella mangiatoia, che nel nostro immaginario pensiamo fosse di legno e piena di fieno, in realtà sarebbe in pietra. Molte antiche mangiatoie di pietra sono state trovate in Israele di diverse dimensioni, quelle più piccole per animali come pecore e capre e mangiatoie più alte per animali come cavalli e asini. Le mangiatoie erano generalmente scavate in una grossa pietra di circa 20 centimetri di profondità. Esse non venivano utilizzate solo per il fieno, ma anche come abbeveratoi per gli animali.

Luca nel suo Vangelo riporta per ben tre volte, in pochi versi, il termine mangiatoia: quando Maria “lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia (φάτνη, phátne)” (2, 7), quando l’angelo del Signore apparve ai pastori e disse: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia (φάτνη, phátne)” (2,12) e quando i pastori “andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia (φάτνη; phátne)” (2, 16).

La mangiatoia di Gesù gioca un ruolo importante nella narrazione indicando il primo luogo terrestre che Gesù incontra dopo aver lasciato l’abbraccio di sua Madre.

Il fatto che Gesù sia adagiato alla sua nascita in questo tipo di contenitore per alimenti, è appropriato poiché è nato a Betlemme (Beit Lechem) che in ebraico, significa “Casa del pane” e in arabo (Bayt Laḥm), significa “Casa della carne”. Tutto questo ricorda le parole di Gesù durante l’Ultima Cena: “Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me»” (Lc 22,19).

Lo scopo dell’evangelista Luca, attraverso l’immagine di Gesù che giace in una mangiatoia, è di mettere in risalto, non solo gli umili inizi della vita di Gesù, ma anche di prefigurare l’Ultima Cena, quando il Messia avrebbe compiuto l’atto di offrire il proprio corpo come cibo per la salvezza di tutti quelli che si sarebbero nutriti di Lui.

Egli nacque in una mangiatoia come foraggio per coloro che si comportano come bestie, così anche ora egli è per noi il pane dei cieli: “Egli ha trovato l’umanità ridotta a livello delle bestie, per cui si è posto come cibo in una mangiatoia in modo che noi, lasciandoci alle spalle i nostri desideri carnali, possiamo risalire a quel grado di intelligenza che benefica la natura umana. Mentre eravamo a brutti ti nell’anima, ora, avvicinandoci alla mangiatoia, cioè alla sua mensa, non troviamo più il cibo, ma il pane del cielo, che è il corpo di vita.” (Cirillo di Alessandria, Commento a Luca, Omelia 1)

È Lui il pane della Vita che è nato (cf. Giovanni 6,51) e noi mangeremo nella celebrazione Eucaristica, il suo corpo.

Antonio Calisi

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