Don Lorenzo Milani, pittore di Dio

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Pochi conoscono la personalità di don Lorenzo Milani dal punto di vista artistico. Il suo autorevole carattere fu fortemente segnato dal suo percorso artistico e dall’incontro con pittori dell’epoca. Tutto iniziò quando il professor Giorgio Pasquali presentò alla famiglia Milani Hans Joachin Staude (1904-1973), pittore che dopo un periodo espressionista si era successivamente rivolto allo studio della natura e avvicinato all’Impressionismo. La pittura di Lorenzo ne sarà condizionata e un importante fascino susciteranno anche i dipinti di Bruno Cassinari (1912-1992) e di Ennio Morlotti (1910-1992). Durante l’estate del 1941, Lorenzo seguì il maestro Joachim Staude prima nello studio in via Campora a Firenze, dove iniziò a disegnare immagini prima per le strade all’aperto, e poi fino ad Arolo di Leggiuno sul lago Maggiore. Lorenzo realizzò una delle sue prime opere con l’uso di oggetti di diverse forme nell’opera “Natura morta e i tre vasi”. Il pittore Staude fu l’unico a lasciare una testimonianza su Lorenzo nel momento in cui iniziò a disegnare e dipingere grazie ai suoi insegnamenti e consigli. Quello che stimolò in gran parte la sua vocazione religiosa fu la pittura insegnatagli da Staude, che tuttavia non lo vedeva nei panni di sacerdote. Già in seminario, un giorno Lorenzo andò a incontrare il suo anziano maestro, il quale sbarrò gli occhi nel vederlo in tonaca: «Ma, Lorenzo, dimmi un po’: come mai questa tonaca?», chiese Staude. E Lorenzo: «Perché ho deciso di farmi prete? È tutta colpa tua, caro Joachim». Seguì un forte stupore di Staude: «Colpa mia?». «Sì, perché tu mi parlato della necessità di cercare sempre l’essenziale, di eliminare i dettagli e di semplificare, di vedere le cose come un’unità dove ogni parte dipende dall’altra» replicò Lorenzo. «A me non bastava cercare questi rapporti con i colori. Ho voluto cercarli tra la mia vita e le persone del mondo. E ho preso un’altra strada».

Il 25 agosto del 1941, Lorenzo presentò domanda per gli esami di ammissione al primo corso di pittura all’Accademia di Brera: nell’autunno del 4 ottobre 1941 li superò, versò la prima rata e partì per Milano, prendendo in affitto uno studio di pittore in uno scantinato di piazza Fiume. Lo affascina il sacro, perché spinto da un naturale interesse estetico; tuttavia, pian piano nel cuore di Lorenzo inizia un’evoluzione intima, progressiva e rapida dove i colori si trasformano in fede.

Per un solo anno, Lorenzo ebbe come docente di arte sacra all’Accademia di Brera Eva Tea, che rivestì una parte decisiva nella sua conversione: «È stata lei a fare breccia per prima in un animo sensibile come

quello di Lorenzo». Tea si pose al bivio tra pittura e conversione nella vita di Lorenzo. La sua visione

di base era che l’arte fosse rivelatrice di Cristo. Scrive: «Tutto il nostro agitarci nell’arte o per l’arte sarà meno che nulla, se gli animi non si incamminano per il sentiero d’Emmaus». Spiega Alberici nel suo volume: «Parole potenti, proclamate da una donna che, pur amando infinitamente l’arte, intravede in essa qualcosa di ancora più importante, quel “tesoro nascosto” che dà un senso a tutto il resto». Sono gli anni in cui si firma «Lorenzino Dio e pittore», in cui affiorano i comportamenti di un temperamento spensierato e di ricerca, attraverso le arti figurative, del senso sacrale della esistenza additato da Staude.

Seguendo i suoi interessi di restauratore, inizia a bazzicare per diverse chiese di Milano. L’amicizia con Carla Sborgi e con la triestina Tiziana, di cui non si conosce la precisa identità, lo spalanca a un raffronto

stretto sulla relazione tra arte e religione. Durante la visita in una chiesa, Lorenzo le avrebbe detto: «Io mi farò prete». Questo, nel 1941, potrebbe essere il primo segno della misteriosa conversione di Lorenzo.

Nell’estate del ’42, mentre Lorenzo era in villeggiatura nella tenuta di Gigliola (vicino Montespertoli) entra nella piccola cappella sconsacrata della villa e trova un messale che legge con avidità, restando affascinato dalla bellezza della liturgia e dai contenuti, «Ho letto la Messa. Ma sai che è più interessante

dei Sei personaggi in cerca di autore?», scrisse a Del Buono, e comincia a tratteggiare i cartoni di prova per riaffrescare la cappellina. È un evento importantissimo nel suo percorso di conversione.

Ritornato a Milano, dai confronti e dalle visite alle chiese nascono una serie di osservazioni sul rapporto tra arte e liturgia che mette per iscritto. A Milano, Lorenzo legge gli scritti sull’arte sacra di Le Corbusier (1887-1965), e si appassiona all’architettura religiosa. Tuttavia, dopo i primi pesanti bombardamenti aerei anglo-americani, tra la fine del ’42 e l’inizio del ’43, chiude lo studio a Milano e torna a Firenze.

Continua a dipingere, finché un giorno, mentre fa merenda in un vicolo seduto accanto al suo cavalletto, una donna lo rimprovera: «Non si mangia il pane bianco nelle strade dei poveri». Questo episodio, raccontato da lui stesso ad Adele Corradi, segnerà profondamente la sua scelta a favore dei poveri.

Antonio Calisi

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