La donna che attentò Benito Mussolini: la storia di Violet Gibson

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Un Benito Mussolini prontamente incerottato a seguito del delitto della Gibson

È il 7 aprile del 1926 quando Benito Mussolini, primo ministro italiano nonché iniziatore del celeberrimo Partito Fascista, viene sfiorato al naso da un proiettile proveniente da una folla festante.

Il Duce si era appena recato all’esterno del Campidoglio, ove si era dilettato in uno studiato discorso sui progressi della medicina, inaugurando la conferenza internazionale di chirurgia.

Ad aver sparato il colpo è una vecchia donna sulla cinquantina, con abiti dimessi e capelli canuti, che risponde al nome di Violet Gibson, trasferitasi a Roma non appena l’anno precedente.

Schedata e portata in questura, al seguito di un’animosa folla intenta a farsi giustizia personale, la Gibson viene interrogata , ma non rivelerà mai il movente del suo atto delittuoso, sebbene dapprima gravi l’accusa di un complotto internazionale.

Sottoposta a due visite ginecologiche e certificata la sterilità, viene dichiarata inferma mentalmente e rinchiusa in un ospedale psichiatrico.

Dunque, chi è Violet Gibson, un’antieroina degli anni ’20 o un burattino strumentalizzato per conto di persone poco temerarie?

Nata in Irlanda da famiglia agiata nel 1876, la piccola Violet dimostra sin da subito un animo inquieto ed anticonformista: sperimenta la teosofia, per poi convertirsi al cattolicesimo nel 1902; inquadrata da Scotland Yard, rifiuta in seguito gli ideali ed il modus vivendi della corte vittoriana.

Per tutta la vita soffrirà di gravi problemi di salute che , spesso e volentieri , la porteranno a contemplare il suicidio, motivo che la porterà a svariati ricoveri.

A seguito del suo “malriuscito” soggiorno romano, nel 1927, grazie all’intercessione dei suoi familiari, ha la possibilità di tornare nella sua terra natia, dove verrà rinchiusa nell’ospedale St.Andrew per le malattie mentali di Northampton, dove, arrivata a tarda notte e scortata da guardie ed infermieri, verrà sedata e lavata.

Sarà qui che morirà, nel 1956 , quasi ottantenne, e le sue lettere, all’interno del quale prefigge piani grandiosi di rimodernamento per la corte regale inglese, sono tutt’ora conservati nell’ospedale psichiatrico.

Raffaello Quarto

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