La candidatura di Roma come sede dell’Expo 2030, ufficializzata dal precedente Governo, ci riporta indietro nel tempo al ’42, l’anno dell’Expo che non fu mai. La capitale, infatti, già una volta doveva essere sede dell’esposizione universale, evento di calibro internazionale svoltosi a partire dal 1851 con cadenza cinquennale sotto l’egida del Bureau international des Expositions (BIE).
L’idea di candidare la capitale italiana come sede dell’evento fu presentata nel 1935 dal governatore Bottai, e ciò coincise con la creazione dell’Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma. Tale ente, presieduto dal senatore Cini, scelse l’area delle Tre Fontane per la realizzazione del quartiere sede della futura Esposizione, che fu da allora identificato come E.U.R., acronimo di Esposizione Universale Roma. La zona, a sud-ovest del centro, doveva essere strumentale a un ampliamento sistematico della capitale verso Ostia, lungo il tracciato dell’attuale Via Cristoforo Colombo.
Essendo questa un’area estranea al precedente piano regolatore, si richiese un’opportuna progettazione del nuovo quartiere, che sorse ispirandosi all’urbanistica classica reinterpretata alla luce del razionalismo italiano: assi stradali ortogonali e edifici monumentali in travertino. Simbolo dell’intera opera doveva essere il Palazzo della Civiltà Italiana, meglio conosciuto come Colosseo quadrato, realizzato in cemento armato e travertino e caratterizzato dal susseguirsi di 54 archi per facciata.
L’Esposizione, però, non si è mai tenuta, e la stessa costruzione del quartiere fu presto interrotta a causa della Seconda Guerra Mondiale. Gli edifici incompleti vennero occupati prima dai tedeschi, poi dagli alleati e, infine, dai profughi dell’esodo giuliano dalmata. Quello che doveva essere, agli occhi del regime, un modo per celebrare i venti anni dalla presa del potere, si rivelò di un’assoluta inconsistenza, seguendo le sorti del regime stesso.
L’area, complessivamente di circa 400 ettari, divenne poi simbolo della fase di ricostruzione nel dopoguerra, anche in concomitanza delle Olimpiadi del 1960. Abitare all’E.U.R. divenne quasi uno status symbol, tant’è che la stessa borghesia imprenditoriale romana iniziò a trasferirsi da Roma Nord al quartiere espositivo. Il progetto originario non venne del tutto stravolto, ma accanto agli edifici pubblici furono previsti altri edifici prettamente residenziali e le sedi di alcuni ministeri e società partecipate pubbliche. Gli ultimi processi di riqualificazione hanno portato alla realizzazione del Nuovo Centro Congressi progettato da Fuksas, meglio noto come Nuvola.
Il quartiere si caratterizza per la presenza di strade molto ampie, ariose e verdi. L’asse principale è l’ex Via Imperiale, oggi Via Cristoforo Colombo, lungo la quale si aprono numerose piazze, come l’esedra, o piazza delle Nazioni Unite, e piazza Marconi con l’omonimo obelisco. In posizione decentrata, in cima a una collina artificiale, ha ubicazione la Basilica dei Santi Pietro e Paolo. A chiudere idealmente il quartiere c’è un lago artificiale, su cui si affaccia il Palazzo dello Sport.
Giuseppe Mennea