La lingua grika, minoranza linguistica storica presente in Salento da circa tremila anni, è una lingua per la maggioranza ad appannaggio orale che si è sviluppata su diversi fronti come quello musicale o quello letterario. Il griko, infatti, oggi sopravvive soprattutto grazie alla musica. Canti di nostalgia, ninna nanne sono legati a una tradizione linguistica popolare.
Si tratta perlopiù di lamenti funebri e canti d’amore, i due generi poetici più antichi della storia dell’uomo, risalenti addirittura a un’epoca greca pre-omerica. In particolare i lamenti, o come li aveva definiti Euripide “canti del pianto”, costituivano un obbligo religioso di chi viveva il lutto nei confronti del defunto.
Sulla stessa scia si inserisce “Klama” che in griko significa “pianto”. Questo canto parla proprio del pianto di dolore di mogli e bambini per i loro uomini che dopo la festa patronale di San Brizio a Calimera (comune della Grecìa) dovevano fare ritorno in Germania dove erano emigrati per lavorare nelle miniere abbandonando le loro famiglie e la loro terra. Una storia che ricorda quella di molte nostre famiglie del Sud Italia emigrate a Nord o all’estero nel Novecento in cerca di fortuna.
I canti d’amore sono, al contrario, cantati da uomini per le loro amate che spesso non ricambiano il sentimento trasformando così il canto in un grido di dolore. Ma la dolcezza delle parole scalfisce: “Calinitta”, ovvero “Kali nifta” che vuol dire “buonanotte”, è un esempio della malinconia di qualcosa che non si ha mai avuto, una testimonianza di un cuore in pena.
Sofia Fasano