IL PARCO DELLA RIMEMBRANZA DI GIOVINAZZO, LUOGO DI MEMORIA DIMENTICATO E IN STATO DI DEGRADO

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Nel 1922, un mese dopo la marcia su Roma, il sottosegretario alla Pubblica Istruzione, Dario Lupi, lanciò la proposta di realizzare, in tutti i Comuni italiani, un Parco o un Viale “della Rimembranza”, per ricordare e onorare i caduti della prima guerra mondiale, dedicando a ognuno di essi un albero. Dopo solo un anno erano stati inaugurati in Italia 1048 Viali o Parchi “della Rimembranza”.

Anche a Giovinazzo si provvide subito a dar corso a quanto richiesto dal governo del Regno e si scelse lo slargo antistante alla Cappella del Calvario, edificata tra il 1855 e il 1856, per creare un giardino pubblico a modello della villa comunale e piantarvi alberi da dedicare ai caduti della grande guerra da poco cessata. Infatti, il Parco della Rimembranza fu concepito e posto in essere dall’Amministrazione retta dal Cav. Ruggero Messere, Sindaco dal 1920 al 1926, che volle anche il monumento ai caduti, nella villa comunale, con la statua in bronzo, rappresentante l’“Ardito”,  opera dello scultore locale Tommaso Piscitelli.  La piazza fu così adorna di giovani piante di leccio, messe a dimora ciascuna a memoria di un concittadino, caduto nelle trincee del fronte bellico alpino. La legge poi n.559 del 21 marzo 1926 stabilì che i viali e i parchi “della Rimembranza”, creati nelle città del Regno, fossero dichiarati pubblici monumenti.

E tanto portò a introdurre il giorno del 4 novembre, festa della vittoria sull’Impero austro-ungarico e dell’annessione delle terre di Trento e Trieste all’Italia, oggi Giornata dell’Unità nazionale, la  cerimonia commemorativa proprio in quel sito. Per l’occasione erano esposte sul tronco di ogni albero le foto dei caduti, cui l’albero stesso era stato dedicato, e le autorità civili, militari e religiose commemoravano quelle aspre battaglie sul fronte alpino e gli eventi tragici di quel recente passato bellico che portò all’acquisizione definitiva degli ultimi territori italiani. Quella manifestazione protattasi a lungo fino a tutto il periodo post-bellico con il costitursi dello Stato repubblicano  è venuta a perdersi, per cui  quel luogo non è stato più percepito come realtà identitaria nazionale. Le Amministrazioni comunali che si sono avvicendate, deputate a organizzare la festa civile dell’Unità nazionale, preferiscono altre forme di cerimoniale nella  giornata del 4 novembre.

Chi, oggi, passa per quella piazza, e sono in tanti che vi transitano per recarsi al mercato giornaliero, non si rende conto, per niente, che attraversa un monumento cittadino, causa anche della scarsa cura che da qualche tempo si ha per quell’area a verde pubblico. Non c’è un segno, una lapide, una qualsivoglia indicazione che segnali l’importanza di quello spazio, istituito a commemorazione della conquista dell’indipendenza e dell’Unità d’Italia ed anche a memoria del sacrificio di tanti nostri giovani concittadini che andarono a trovare la morte nelle trincee del Carso. Tuttavia quello che fa più specie è l’incuria che si denota in quella piazza e questo non solo da parte dei pubblici amministratori, bensì anche dei cittadini che usano quello spazio, di frequente, come punto di ristoro nelle ore serali.

Ma quel che più sconcerta è lo stato disastroso cui versano i lecci che sono ancora rimasti in vita. Basti che lo sguardo si posi sulle fronde di quelle piante, ormai di un colore marrone, per percepire, con certezza, il deperimento lento che affligge inesoranilmente quegli alberi. E se ne ha pure prova se si fa mente locale a quanti alvaretti sono privi di alberi essendo state stroncate alla radice, tante  piante, anche  recentemente, messe a dimora, che si erano completamente disseccate.

E, comunque, risulta difficile capire come un’area a verde al centro cittadino e a poca distanza dalla stessa piazza grande sia lasciata in abbandono al punto che non si provvede a estirpare le piante ormai destinate al disseccamento completo e sostiturirle con altre essenze, come si fatto recentemente, sia pure in parte, su Viale Marconi.

Da ultimo si è pure deciso di allocare, in accosto alla piazza, il posteggio di biciclette per il servizio di bike sharing di imminente introduzione.

E’ chiaro  che nessuno rimembra il valore identitario di quel luogo e tanto meno la grande tragedia della guerra combattuta per perseguire l’indipendenza completa della Nazione.

Una specie di contrappasso dantesco (Inferno L. XXVIII, v.142): ciò che era stato fatto per ricordare è completamente sparito dalla memoria collettiva.

Giuseppe Maldarella

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