Veduta dell’insenatura portuale di Giovinazzo, agli inizi del ‘900.
Con un recentissimo provvedimento del 31 marzo scorso, a seguito di un procedimento di gara, la Direzione comunale del Demanio ha dato in concessione gran parte delle zone di mare interne al porto e una fascia di territorio lungo la banchina, sottostante al lungomare, per la costruzione di pontili galleggianti da attrezzare per l’approdo di unità da pesca, ancora attive, e dei natanti da diporto. La concessione se l’è aggiudicata la Delegazione locale della Lega Navale Italiana, unica concorrente, che ha corrisposto al bando di gara presentando una offerta con relativo piano di realizzazione di strutture mobili per l’attracco delle imbarcazioni. In altri termini quasi l’intero specchio acqueo portuale, compresa la parte in accosto al torrione “Tamburo” sarà gestita dalla Lega Navale che offrirà, naturalmente a pagamento, posti barca e relative operazioni di supporto alla navigazione. La concessione in questione, infatti, si aggiunge ad altre già in essere dello stesso genere, con pontili galleggianti, che per lo più si diramano dalla radice delle mura aragonesi, sempre gestiti da privati. Con tale scelta, dunque, i decisori politici hanno deciso esternalizzare completamente ogni attività portuale, dai servizi di ormeggio alle prestazioni accessorie a quanto serve a garantire le ordinarie operazioni di attracco e di sosta in sicurezza delle imbarcazioni. Sicché nell’ambito della insenatura portuale non sarà più possibile trovare spazio per ormeggiare barche liberamente, come avviene adesso, venendo a mancare, appunto, punti di approdo, al di fuori di quelli concessi a terzi, tranne che sul limitato tratto banchinato del molo di sottoflutti, ancora libero. Infatti, di detta area a banchina sul molo non si sa se rimane, tuttora, prerogativa demaniale, cioè di utilizzo pubblico, o se anche questo punto di approdo sarà affidato a privata gestione, ancorché non adatto a piccole imbarcazioni.
Segno che non v’è ancora una chiara visione di quel che potrà essere il contesto funzionale del nostro porticciolo, sprovvisto, tuttora, tanto di un regolamento (a parte quello della Capitaneria di Porto) che di un piano regolatore, la cui redazione è stata affidata, oltre due anni or sono (D.D. n.221 del 15.12.2023), all’arch. Paolo A.M. Maffiola.
Ma al di là della linea politica orientata ad affidare a diversi privati i servizi di approdo e di attracco di natanti di piccolo cabotaggio, mediante concessioni demaniali che hanno a riguardare ampie zone territoriali di mare, nel cui ambito vengono ancorati i pontili, viene da chiedere: chi curerà la gestione dello scalo di alaggio attraverso cui è possibile arrivare con i mezzi in banchina e, quindi, ai pontili da costruirsi? Fino a poco tempo fa l’accesso allo scalo di alaggio era possibile attraverso un varco protetto da una barriera, per cui era necessario un pass per transitarvi, attualmente, invece, è accessibile a tutti. Quella zona di proprietà comunale continuerà ad essere di uso pubblico, consentendo anche la sosta di automezzi come accade, normalmente, non essendoci più la barriera per essere stata, di proposito, smantellata?
Ed, ancora, per quel che più conta, sarà compito degli stessi gestori dei pontili recuperare i rifiuti che le correnti portano all’interno dell’area portuale per la sicurezza dei natanti?
Non mi riferisco ai rifiuti di piccolo taglio che arrivano ad arenarsi sul battente della rampa di alaggio, la cui raccolta e conseguente smaltimento è continuamente svolta dall’impresa della nettezza urbana, essendo tale prestazione compresa nel contratto generale della raccolta dei rifiuti solidi urbani, ma ai relitti ingrommanti che pur entrano in porto.
Già da un paio di mesi sono presenti in porto tronchi di alberi che le correnti hanno trascinato e che le onde hanno fatto sì che si incagliassero tra i massi di cemento sotto la passerella.
Non danno certo una bella immagine del contesto paesaggistico che si offre ai visitatori. Ci si aspetta forse che vadano a fondo dell’acqua? Non sarebbe il caso di provvedere a rimuoverli e, comunque, definire a chi spetta eliminare tali obbrobriosi materiali che, ricorrentemente, i marosi da nord-est traslano all’interno dell’insenatura e costituiscono pure un pericolo per la navigazione interna al porto?
Giuseppe Maldarella