Sant’Ignazio Maloyan: il vescovo martire del genocidio armeno elevato agli altari

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Una giornata storica ha segnato il cammino della Chiesa cattolica e del popolo armeno. Domenica 19 ottobre 2025, in una Piazza San Pietro gremita di fedeli provenienti da ogni parte del mondo, Papa Leone XIV ha presieduto la solenne celebrazione eucaristica culminata nella canonizzazione di sette beati, tra cui l’arcivescovo armeno Ignazio Maloyan, martire del genocidio armeno del 1915.

L'arazzo di Sant'Ignazio Maloyan

L’arazzo di Sant’Ignazio Maloyan

La cerimonia (concelebrata da Sua Beatitudine Raphaёl Bedros XXI Minassian, Patriarca di Cilicia degli armeni), che coincideva con la Giornata Missionaria Mondiale, ha visto la partecipazione di delegazioni ufficiali di alto rango, tra cui il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, il presidente italiano Sergio Mattarella e il presidente libanese Joseph Aoun. Un momento di profonda commozione ha attraversato la folla quando è risuonato il nome del nuovo santo, testimonianza vivente dell’unità tra le Chiese armene in questa celebrazione sacra.

Ignazio Maloyan, nato Choukrallah Melkon il 15 aprile 1869 a Mardin, nell’attuale Turchia, incarnò fino all’estremo sacrificio il significato della fedeltà a Cristo. Entrato giovanissimo nel monastero cattolico armeno di Bzommar in Libano, venne ordinato sacerdote nel 1896 e consacrato arcivescovo di Mardin nel 1911.

Il 3 giugno 1915, in pieno svolgimento del genocidio armeno, Maloyan venne arrestato insieme ad altri 27 eminenti cattolici armeni dalle autorità ottomane. Durante la prigionia subì torture atroci nel tentativo di piegarlo alla conversione forzata all’Islam, ma l’arcivescovo rimase incrollabile nella sua fede.

L’11 giugno 1915, vicino a Diyarbakir, dopo un’ultima richiesta di rinunciare alla sua fede, il capo della polizia ottomana Mamduh Bey sparò personalmente all’arcivescovo Maloyan, uccidendolo all’età di 46 anni insieme a 417 armeni e siriaci, tra cui 16 sacerdoti e diverse suore. Prima di morire, aveva dichiarato parole che oggi risuonano con forza profetica: “Considero lo spargimento del mio sangue per la mia fede come il desiderio più dolce del mio cuore“.

Nell’omelia pronunciata durante la Messa di canonizzazione, Papa Leone XIV ha posto al centro della riflessione proprio la testimonianza di questi sette nuovi santi, definendoli “lampade capaci di diffondere la luce di Cristo“. Riferendosi specificamente a Maloyan e agli altri martiri, il Pontefice ha sottolineato come essi fossero “martiri per la loro fede, evangelizzatori e missionarie, carismatiche fondatrici, benefattori dell’umanità con il cuore ardente di devozione“.

Il Papa ha poi ricordato ai fedeli che la fede eccelle su tutti i beni materiali, culturali e scientifici non perché questi siano da disprezzare, ma perché senza fede perdono senso. Con parole toccanti, ha affermato che “quando siamo crocifissi dal dolore e dalla violenza, dall’odio e dalla guerra, Cristo è già lì, in croce per noi e con noi. Non c’è pianto che Dio non consoli; non c’è lacrima che sia lontana dal suo cuore“.

Leone XIV ha esortato i cristiani a mantenere viva la fede attraverso la preghiera costante, paragonando la preghiera al respiro che sostiene la vita: “Come il respiro sostiene la vita del corpo, così la preghiera sostiene la vita dell’anima“. Una chiamata alla perseveranza che riecheggia la stessa fermezza dimostrata da Maloyan di fronte ai suoi persecutori.

La canonizzazione di Sant’Ignazio Maloyan rappresenta non solo il riconoscimento della Chiesa cattolica al suo eroico sacrificio, ma anche un richiamo potente alla memoria storica. Il suo martirio si inserisce nel contesto del primo genocidio del XX secolo, che costò la vita a oltre un milione di armeni, oltre a siriaci e greci. Concludendo la sua omelia, il Pontefice ha affidato “all’intercessione della Vergine Maria e dei nuovi Santi la continua preghiera per la pace, in Terra Santa, in Ucraina e negli altri luoghi di guerra“, ricordando che la testimonianza di fede di questi santi deve ispirare l’impegno concreto per la giustizia e la pace nel mondo contemporaneo. La vita di Sant’Ignazio Maloyan rimane così un faro luminoso di speranza, testimonianza che anche nell’oscurità più profonda della persecuzione, la fede autentica può illuminare il cammino dell’umanità verso la verità e la salvezza.

Aula delle udienze papali Paolo VI (foto concessa da Shushan Khachatryan)

Aula delle udienze papali Paolo VI (foto concessa da Shushan Khachatryan)

All’indomani della canonizzazione ricevendo in udienza i pellegrini, il Papa ha tracciato così ai sette nuovi santi un messaggio per oggi: dall’esempio del martire armeno Maloyan ha invocato la riconciliazione per l’Armenia, dalla religiosa venezuelana Rendiles ha chiesto unità per il Venezuela, dai laici Longo e Hernández ha sollecitato dignità e giustizia sociale per tutti.

Sempre nella mattina del 20 ottobre, Papa Leone XIV ha ricevuto in udienza, nel Palazzo Apostolico, Nikol Pashinyan, primo ministro della Repubblica di Armenia. Come riferito dalla Sala Stampa della Santa Sede “Durante i cordiali colloqui in Segreteria di Stato è stato espresso compiacimento per le buone relazioni tra la Santa Sede e l’Armenia, Paese di antica tradizione cristiana, e sono stati evidenziati alcuni aspetti della vita della Chiesa cattolica nel Paese. Allo stesso tempo non si è mancato di prestare attenzione ad altri temi di comune interesse, in modo particolare alla necessità di una pace stabile e duratura nel Caucaso meridionale.”

M. Siranush Quaranta

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