Rocchetta Sant’Antonio e il suo castello triangolare

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Rocchetta Sant’Antonio è un piccolo paese che sorge a confine tra Puglia e Campania sull’altopiano dei Monti Dauni. La piccola cittadina, che oggi conta circa 1700 abitanti, venne fondata nel 984 dai Normanni quale presidio lungo il fiume Ofanto.

In questo luogo, che domina la valle del fiume, i Normanni costruirono una fortificazione, la Rocca di Sant’Antimo, che venne distrutta nel terremoto del 1456 ma che finì per dare il nome al paese, originariamente Oppidum Rocca.

Il piccolo centro è sempre stato parte del consolato di Ariano Irpino, rimanendo in provincia di Avellino fino al 1939, quando venne spostato in provincia di Foggia.

Giungendo a Rocchetta da Lacedonia, primo centro della Campania, non si può non notare il castello, attorno a cui si sviluppa l’intero centro abitato. Questo appare in forma rinascimentale, non essendo, come detto, sopravvissuto il vecchio fortilizio Normanno.

La vista del castello cattura l’occhio del visitatore per la sua forma molto particolare: la fortezza, infatti, costruita a ridosso di una ripida scarpata, ha forma triangolare, con un bastione “a mandorla” per ogni vertice, simile al castello Dentice di Frasso di Carovigno.

Il castello venne costruito per conto della famiglia d’Aquino, divenuti feudatari del piccolo centro a inizi del Cinquecento. In particolare, il Marchese di Corato, Ladislao II d’Aquino diede incarico di redigere il progetto della fortificazione al celebre architetto senese Francesco di Giorgio Martini.

Questi, che aveva lavorato per i Montefeltro e gli Orsini, redasse il progetto nel 1501. Non bisogna dimenticare, che il celebre architetto fu molto attivo in Puglia, in particolare presso il castello di Carovigno, quello di Taranto, quello di Monte Sant’Angelo e quello di Gallipoli.

I d’Aquino, sostenitori degli Aragonesi, persero tutti i loro averi a seguito della cacciata del casato dopo le Guerre d’Italia. Il feudo di Rocchetta e il relativo castello passarono di mano in mano, fino addirittura al celebre Andrea Doria, che deteneva anche la vicina città di Melfi.

I Doria mantennero il castello fino al 1849, quando lo vendettero alla famiglia Piccolo, attuali proprietari.

La struttura è di pregio, e oltre al valore storico e architettonico, presenta delle decorazioni in marmo sulla facciata, in particolare alcuni stemmi dei casati che si sono susseguiti.

La costruzione avvenne in due momenti diversi ma comunque vicini nel tempo, e a riprova di ciò si notano le dimensioni della torre ovest, molto più sviluppate rispetto alle altre due. Questa è direzionata rispetto al centro abitato, essendo le altre due torri autonome e già rese imprendibili per la posizione a strapiombo sulla valle.

Originariamente erano presenti anche delle merlature, venute meno a seguito di rifacimenti resisi necessari a seguito del terremoto del 1712.

La fortificazione è rimasta, però, un mero simbolo di potere dei feudatari, poiché non è mai stata coinvolta in scontri armati.

Il castello si sviluppa su quattro piani: a terra i locali di servizio, al primo e al secondo piano gli spazi abitativi, al quarto piano la stanza della torre ovest.

Il castello non è normalmente visitabile.

Giuseppe Mennea

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